“Bio-plastica: “non buttatela nell’organico”

È giunta l’ora di fare un po’ di chiarezza in merito a quello che sta diventando un vero e proprio obiettivo mondiale per il 2021.

I termini utilizzati devono essere prima di tutto compresi dagli utenti finali che fanno la differenziata (e che faranno poi la differenza per il nostro pianeta); ecco perché ci sentiamo di proporvi i temi che si stanno discutendo in questi mesi, sia a livello di politica che di effettivi operatori della raccolta differenziata.

Gli oggetti incriminati sono i sacchetti delle verdure, le buste della spesa, le confezioni di surgelati, ma anche i piatti e le forchette.

In sostanza, la dicitura biodegradabile significa prodotto con bio-plastica cioè con materie prime vegetali, quindi biodegradabili, ma che non hanno la caratteristica di essere anche compostabili.

Pertanto, negli impianti di raccolta dell’umido se non vengono rispettate queste regole, i rifiuti che si accumulano sono impuri, fino ad una percentuale pari al 10% (solitamente la percentuale ottimale raggiunta si aggirava al 3%). Effettivamente queste bio plastiche impiegano mesi o addirittura anni per trasformarsi; tempistiche non compatibili con il normale ciclo di trasformazione dell’umido che solitamente si aggira intorno ai 23 giorni. Con il risultato molto grave di intasamento di impianti di compostaggio.

Quindi nell’umido vanno gettati solo scarti di cibo mentre tutti questi prodotti per il momento andranno ancora gettati sul secco.”